Risistemato dal camaldolese Giuseppe Antonio Soratini verso la metà del XVIII secolo per i conti Bacinetti, questo palazzo a due piani conserva alcuni elementi caratteristici dei due secoli precedenti. La facciata con elementi in pietra d’Istria, un tempo dipinta di un vivo rosso mattone, cela un ampio cortile interno ora occupato da edifici successivi. L’attribuzione di alcune delle pitture interne, tra le quali la ‘Strage dei Proci’ su di uno dei soffitti, al faentino Felice Giani (1758-1823) o alla sua scuola non è documentata né accertabile. Varie sale interne, tra le quali il gradevole salottino ottagonale affacciato sulla strada, conservano un aspetto neoclassico e decisamente ottocentesco. Il palazzo fu venduto a una serie di nuovi proprietari a partire dall’inizio del XX secolo e, tra le altre cose, destinato a sede di uffici. La figura più nota dei Bacinetti fu Marianna, detta ‘Marianinna’ (1802-70), considerata una delle donne più belle d’Italia. Diligente studiosa dei classici e delle scienze umane, sposa del marchese Florenzi di Perugia, dal 1821 fu in strettissimi rapporti con Ludovico I di Baviera, re dal 1825, presso la cui corte di Monaco risiedette a lungo: qui Marianna conobbe Friedich Schelling e approfondì l’interesse per la filosofia idealistica. Tornata in Italia, continuò l’intensa attività di studio e, da fervente mazziniana, intrattenne frequenti scambi epistolari con esponenti di primo piano della cultura e della politica europee. Il valore di studiosa di Marianna Bacinetti fu riconosciuto da Benedetto Croce e rivalutato da Giovanni Gentile.