Palazzo della Prefettura, già Palazzo del Legato Apostolico
1694-1696
Su sito di insediamento del palazzo della Prefettura sorgeva, sin dal XIII secolo, il complesso del palazzo del Legato apostolico, rappresentante stabile della Santa Sede in città; danneggiato e reso inagibile in occasione del sacco di Ravenna del 1512 a opera dei francesi, restaurato più volte a partire dal 1544, ingrandito nel 1558 a spese dell’adiacente Palazzetto veneziano, l’edificio, a lungo ritenuto insufficiente e inadeguato alle esigenze di alloggio e di rappresentanza della corte legatizia, venne infine demolito, anche a seguito dei gravi danni subiti in occasione del terremoto del 1688.
Tra 1694 e 1696, con il benestare del cardinale Francesco Barberini, il legato Domenico Corsi fece riedificare il palazzo insieme agli adiacenti locali del vicelegato e delle prigioni pubbliche, poi demolite nel 1907. Il complesso, sede della Prefettura dal 1863, presenta una facciata austera a tre ordini di finestre, impreziosita da un portale barocco marmoreo con timpano spezzato, affiancato e sovrastato da colonne, molto simile a quello del coevo palazzo Rasponi dalle Teste. Il rifacimento dello zoccolo, in mattoni a vista, risale agli inizi del XX secolo: delimitata da una modanatura a toro in pietra d’Istria, la base è sormontata da due piani rialzati intonacati e da un attico cieco. Il vasto palazzo occupa circa due terzi del lato sud di Piazza del Popolo e, per l’aspetto simile ai grandi palazzi di rappresentanza romani, è stato attribuito all’architetto Carlo Fontana. Nel 1936, nell’ambito di vari lavori di risistemazione, fu demolito e rifatto lo scalone monumentale interno, progettato da Cosimo Morelli nel 1775. Gli interni conservano preziosi arredi barocchi e neoclassici oltre ad una collezione di stemmi araldici dei legati, degli intendenti generali e dei prefetti di Ravenna dal 1846 al 1961. L’appartamento di rappresentanza al secondo piano è decorato da dipinti di matrice faentina tardo settecenteschi-tardo ottocenteschi. Poco prima del 1817 il faentino Felice Giani (1758-1823) realizzò la decorazione di alcuni ambienti per conto del legato cardinale Alessandro Malvasia: tali opere sono andate perdute, forse già da prima dei danni bellici del 1944. La cosiddetta camera della principessa, arredata in stile anni ’30-’40, fu allestita per la visita del principe ereditario Umberto di Savoia con la moglie Maria Josè che però non la utilizzarono. Molti salotti decorati risalgono alla metà dell’ottocento, come la “Sala da gioco” e il suo prezioso biliardo.
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