Palazzo Serena-Monghini
Il progetto di questo palazzo si deve al celebre architetto e monaco camaldolese Giuseppe Antonio Soratini, la cui opera fu poi modificata da lavori successivamente commissionati dalla famiglia Monghini. Caratteristici sono il portone con finestra balaustrata sovrastante e le finestre con incorniciatura bianca. Gli spazi sono organizzati intorno a un ampio cortile-giardino interno. L’aspetto più straordinario dell’edificio non è visibile da fuori. Gran parte dell’allestimento ‘archeologico’ interno della dimora si deve a Matteo Monghini, cultore dell’arte musiva e archeologo dilettante, esponente di punta di quella ‘Società Ravennate di scavi’ costituita nel 1844 da un gruppo di nobili locali. Prima e dopo avervi ospitato i principi Savoia nel 1861, Matteo Monghini trasformò la palazzina in una sorta di ‘residenza-museo’: a più riprese, a partire dal pieno Ottocento, furono aggiunti agli interni reperti e lacerti di pavimentazione musiva di VI secolo, prelevati in occasione di scavi archeologici fatti eseguire nei terreni allora di proprietà dei Monghini nell’area di S. Severo a Classe, nonché in quella dei resti del palazzo imperiale e poi reggia di Teoderico, che giace in parte sotto la casa, e del vicino cd. ‘Palazzo di Teoderico’ (chiesa di S. Salvatore ad Calchi). Gli interni e il vasto giardino ospitano, inoltre, numerosi e ulteriori reperti archeologici, per lo più pure attribuiti al palazzo sottostante.
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